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Mutazioni nei geni BRCA 1 e BRCA 2

donatellagambini

Prima di proseguire è consigliato leggere il post sui fattori genetici come origine del cancro, a titolo di premessa.

Si stima che circa il 10% dei tumori mammari sia da considerare ereditario, cioè causato almeno in parte dalla presenza di una mutazione nel proprio DNA.

Negli ultimi anni, grazie anche ai progressi scientifici e tecnologici rilevanti, sono stati individuati una serie di geni la cui mutazione predispone allo sviluppo di alcuni specifici tipi di tumori.

Cominciamo dai geni BRCA 1 e BRCA 2, più frequenti e, poi vedremo perché, anche più famosi.


Abbreviazione da BReast CAncer, cioè tumore mammario in inglese, BRCA 1 e BRCA 2 sono due geni, cioè due pezzetti di materiale genetico, situati in due cromosomi diversi, rispettivamente il 17 e il 13. Si tratta di geni cosiddetti oncosoppressori, cioè geni che in qualche modo hanno la funzione di bloccare in qualche modo la crescita di una cellula che si sta trasformando in cellula tumorale perché ha accumulato delle anomalie. È abbastanza intuitivo quindi che se un gene oncosoppressore (la cui funzione quindi è di contrastare o sopprimere la cellula tumorale) è difettoso, il cancro troverà un ostacolo in meno al suo sviluppo.

Non si tratta di scoperte lontane nel tempo e ancora una volta vorrei sottolineare l’importanza del metodo scientifico. Si partì dall’osservazione: il tumore mammario a volte si osservava in più individui della stessa famiglia (madri e figlie, sorelle) e più spesso quando era presente questa associazione, le donne si ammalavano in età più giovane. Da qui l’idea che la genetica avesse un ruolo, fino al 1990 (20 anni fa, mica poi tanto), quando fu riportata l’esistenza di BRCA 1 e al 1995 quando fu identificato BRCA 2. Seguirono studi approfonditi, i geni furono analizzati nella loro interezza e aumentarono le conoscenze sulla correlazione tra tipo di mutazione e rischio di tumore. Quanto sono diffuse queste mutazioni? Si stima che una mutazione nei geni BRCA 1 e BRCA 2 sia presente circa in 1 su 400-500 persone nella popolazione generale. Vanno però escluse etnie particolari, ove la frequenza può variare molto. La frequenza di una delle 3 varianti di BRCA 1 o BRCA 2 più riscontrate tra i soggetti ebrei Ashkenazi può arrivare in quella popolazione anche a 1:40.

Non basterebbe un intero a libro a spiegare “tutto”, si cercherà quindi di privilegiare le informazioni potenzialmente più utili da un punto di vista pratico, prendendo un po’ spunto dalla regola giornalistica delle cinque W (iniziali di Who, What, Where, When, Why, cioè chi, che cosa, dove quando, perché) adattandola al nostro caso.


1. COME si realizza la mutazione. La mutazione abbiamo detto che è un difetto, un errore. Può realizzarsi per molti motivi, ma questo ha meno rilevanza. Ha più rilevanza il fatto che essendo qualcosa che si tramanda ai figli quando vengono concepiti, una volta che essa si realizza, potrà mantenersi nell’arco delle generazioni successive, secondo le leggi dell’ereditarietà mendeliana. Cioè 50% di possibilità di trasmetterla ai figli (e di ereditarla dai genitori) indipendentemente che siano maschio o femmina sia il genitore che il figlio.

Un concetto fondamentale: non si eredita una malattia (es tumore mammario), ma si eredita il rischio aumentato di svilupparla.

2. CHE COSA si rischia. È aumentato il rischio di avere, durante la propria vita, un tumore al seno (donne, ma in minore percentuale anche uomini), all’ovaio, alla prostata e, secondo ricerche più recenti, anche al pancreas. Quando si parla di rischio aumentato ci si riferisce al confronto con la popolazione generale. È descritto anche un lieve aumento di rischio per altri tipi di tumore, per esempio i melanomi e i tumori del colon. Per i tumori della mammella e dell’ovaio esistono anche delle correlazioni tra mutazione e tipo istologico di tumore.

3. QUANTO si rischia? Si tratta di stime, non si può fare un calcolo esatto. Si può dire che se il rischio di sviluppare un tumore mammario per una donna nell’arco della vita è in generale intorno al 12%, in una portatrice di mutazione in BRCA 1 sale tra il 46 % e l’87%, per BRCA 2 tra il 38% e l’84%. Anche il rischio di tumore ovarico è molto più elevato, compreso tra il 40 e il 60% circa per le mutazioni BRCA 1 e del 16 -30% per BRCA 2. Rischiano di più anche gli uomini: 1,2% di rischio di avere un tumore mammario se BRCA 1 mutati, che aumenta a quasi il 9% se la mutazione è in BRCA 2 (mentre nell’uomo in assenza di mutazioni è poco più dello 0,1%). Il rischio di tumore prostatico nei mutati BRCA 2 arriva all’8%, quello del pancreas, ancora in studio, fino al 7% sempre nei mutati BRCA 2.

4. QUANDO sospettare la presenza di una mutazione? Quando si appartiene a una famiglia in cui questo tipo di tumori (mammella e ovaio soprattutto) si sono manifestati in più persone consanguinee. Più stretto è il grado di parentela (madre-figlia, sorella-sorella) e più giovane è l’età di chi si è ammalato, più forte deve essere il sospetto. Chi deve fare questo lavoro di “ricognizione”? Di solito lo fa l’oncologo quando chiede a una donna malata di tumore se ci sono altri casi in famiglia. Ma può farlo anche il singolo soggetto, specie se i casi sono “datati”, per esempio il caso di una nonna si è ammalata a 35 anni (e allora nemmeno si sapeva che esistesse il gene BRCA), due sorelle si sono ammalate in tempi diversi e non lo hanno fatto presente al medico, oppure ci persone che decidono di non informare i parenti della diagnosi… In questo caso il sospetto andrà riferito al proprio medico. Se confermato, lo specialista di riferimento sarà il genetista, preferibilmente con formazione specifica in genetica oncologica.

5. CHI deve sottoporsi al test: la persona vivente che più probabilmente potrebbe avere la mutazione (si dice in termine tecnico che è il probando); per esempio una donna che si è ammalata di tumore all’età più giovane rispetto agli altri casi famigliari. Se non è possibile, si ricerca lungo l’albero genealogico un altro probando. Di solito NON è indicato che si sottoponga al test una persona che non si è mai ammalata di tumore, perché il test non esprimerebbe in questo caso tutte le sue potenzialità. Infatti se il probando risulterà portatore della mutazione, quella specifica mutazione potrà essere ricercata in tutti famigliari (non si ripete tutta l'analisi, quindi minor tempo e minore spesa successiva); se invece sarà negativo, è probabile che in quella famiglia non sia presente una mutazione nota e quindi sarebbe inutile cercarla negli altri. In questo caso UN singolo test è di utilità per tutti. Se si fa l’analisi a un sano invece, la famiglia potrebbe comprendere alcuni soggetti mutati, ma chi ha fatto il test potrebbe non aver ereditato la mutazione (ricordate il 50% di probabilità?). In questo caso il test serve a chi lo ha fatto, ma non è utile per gli altri (anche gli altri dovrebbero fare un test a loro volta per sapere se sono portatori di mutazioni o no).

Il test consiste in un prelievo di sangue. Dalle cellule del sangue sarà estratto il DNA e quindi si procederà, con tecniche di biologia molecolare, alla ricerca di mutazioni nei geni BRCA 1 e BRCA 2 (e/o in altri che eventualmente avrà indicato il genetista).


DIFFERENZE FONDAMENTALI!

Le mutazioni NON sono tutte uguali. Come abbiamo detto si tratta di errori, che portano poi a tradurre il codice male e quindi a produrre la proteina corrispondente alterata. Questi errori possono non avere alcuna conseguenza o possono portare alla produzione di una proteina incapace di svolgere la sua funzione. Le mutazioni vengono divise in 5 gruppi, da 1 a 5, a seconda della probabilità che l’errore porti alla proteina effettivamente mal o non funzionante e quindi al difetto reale. Le classi 1 e 2 sono quelle delle mutazioni cosiddette benigne o molto probabilmente tali, le classi 4 e 5 sono quelle rispettivamente delle mutazioni probabilmente o sicuramente patogenetiche (cioè che causano l’effettivo aumento di rischio). La classe 3 è quella più ostica perché è quella della zona grigia: non si sa cioè se porti a un reale danno o no. Queste mutazioni sono definite con il termine di VUS (Variants of Uncertain Signifcance, varianti a significato incerto) e la gestione del caso va sempre personalizzata.


La sorveglianza NON è uguale alla prevenzione

È un concetto importante e si cercherà di spiegarlo con esempi per rendere meglio l’idea.

Una volta che una donna ha avuto diagnosi di mutazione in un gene BRCA 1 o BRCA 2 (si intenderà sempre di mutazioni patogenetiche), che cosa può fare? Esistono diverse possibilità.

1. PREVENZIONE: rendere meno probabile lo sviluppo del tumore, cercare di prevenirlo. Come? Con un intervento chirurgico, rimuovendo gli organi che hanno più rischio di ammalarsi (cioè mammelle e ovaie). Sebbene il rischio non diventi zero (perché in alcuni rari casi il tumore può nascere da tessuti residui), si abbatte.

Oppure: assumere farmaci che possano ridurre il rischio di sviluppare quel tumore (ma in questo caso va valutato bene il rapporto tra gli effetti collaterali dei farmaci e il rischio del tumore).

2. SORVEGLIANZA: “fotografare” gli organi a rischio più frequentemente di quanto si faccia di solito (mammografia, ecografia mammaria, risonanza magnetica mammaria, ecografia ovarica) in modo da accorgersi di un eventuale tumore quando è ancora piccolo e quindi meno pericoloso (si chiama diagnosi precoce). Questo ovviamente non modifica il fatto che il tumore si formi o no. Cerco solo di accorgermene il prima possibile. Diciamo che in linea generale, la sorveglianza funziona meglio sul tumore mammario rispetto a quello dell’ovaio


Perché è importante questa distinzione? Perché tante volte mi sono sentita dire: nonostante facessi prevenzione con la mammografia ogni anno, mai saltata nemmeno una, il tumore mi è venuto lo stesso! Certo che il tumore è venuto lo stesso, magari bastasse una fotografia a non farlo venire! Però, facendo la mammografia ogni anno, quel tumore è stato visto quando per esempio era di 1 cm, mentre, in assenza di esami, la paziente se ne sarebbe accorta quando cresciuto a 4 o 5!


All’inizio ho scritto che BRCA 1 e BRCA 2 sono i geni anche più famosi. Perché?

Perché se molti di voi ignoravano la cosa, se io adesso scrivo “il gene di Angelina Jolie” una buona parte avrà un flash e ricorderà. I titolisti delle principali testate, nel 2013, ribattezzarono i geni in questione come il gene “Jolie” commentando la decisione dell’attrice di sottoporsi a una mastectomia bilaterale (cioè rimuovere chirurgicamente le mammelle) proprio per ridurre il rischio di ammalarsi di tumore al seno, essendo portatrice di una mutazione in uno dei geni BRCA. Una decisione resa pubblica (le fu dedicata una copertina persino su Time (clicca qui per vedere) che ha avuto un’eco enorme e ha contribuito non poco alla conoscenza, seppure superficiale, del problema, fosse anche alla sua sola esistenza.


Consigli finali? Uno tra tutti, quello di rivolgersi, attraverso il proprio medico, o al proprio oncologo se ci si è già ammalati, al genetista se sarà da loro indicato, al fine di sottoporsi alle valutazioni e/o procedure più opportune, concordate con lo specialista di riferimento. Una volta accertata la presenza della mutazione, non esistono scelte giuste o sbagliate. Ognuno dovrà discutere del suo caso personale e, in base al rischio complessivo, all’età, alle preferenze, ecc, sarà consigliato il percorso più opportuno. Il calcolo del rischio non dipende solo dalla mutazione in sé, ma anche dal tipo di “famiglia” (quanti sono i “mutati” e quanti tra loro per esempio hanno sviluppato il tumore, quale tipo di tumore e a che età, ecc). Insomma è un discorso complesso, che va affrontato nel modo più corretto possibile. La ricerca inoltre sta facendo molti progressi in questo campo e le linee guida si aggiornano continuamente. Un’indicazione data oggi, potrebbe non essere quella più corretta per esempio tra 5 o 10 anni.


Un’ultima curiosità! In Gran Bretagna, a Cambridge, esiste un breve tratto ciclabile, di circa 2,7 km, detto DNA cycle path, che collega Granhams Road - South Cambridgeshire a Robinson Way.

Compreso nelle 10.000 miglia della rete ciclabile nazionale britannica, la pista è stata decorata con 10.257 strisce colorate, a rappresentazione della successione dei nucleotidi del gene BRCA 2. Perchè proprio BRCA 2? Uno dei motivi l'assonanza tra le 10.000 miglia da celebrare e le 10.000 paia di basi (circa) che costituiscono il gene, oltre alla volontà di portare attenzione su questioni legate ai brevetti (1). Ha contribuito alla sua creazione e l'ha inaugurata Sir John Sulston, biologo britannico e premio Nobel per la medicina nel 2002, proprio per gli studi condotti su regolazione genica e apoptosi, nonchè appassionato ciclista e direttore del Cambridge Sanger Centre durante il progetto genoma. Ai due estremi della pista sono poste due sculture che rappresentano una doppia elica di DNA ingrandita 750 milioni di volte. Per chi volesse più informazioni, da qui si raggiunge il sito da cui si può anche scaricare il percorso in PDF.


(1) DNA cycle. Nature 447, 911 (2007). https://doi.org/10.1038/447911a







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